venerdì 18 dicembre 2009

La medicina contro la crisi

Bersani interviene alla Camera nel dibattito sulla Finanziaria e sull'aggressione a Berlusconi. Pubblichiamo il video e il suo intervento. 

immagine documento documento 
Bersani alla Camera (video)



''Signor Presidente, ribadisco intanto qui la solidarietà e l'augurio al Presidente del Consiglio, che ho potuto trasmettergli ieri personalmente; ribadisco qui la condanna senza altre parole di quel gravissimo gesto di violenza e di aggressione. Credo che oggi bisognerebbe fermarsi qui e chiedere semmai al Ministro dell'interno, che ringrazio per la sua esposizione, una risposta forse un po' più convincente su che cosa non vada rispetto ai servizi di sicurezza e di tutela del Presidente del Consiglio: abbiamo avuto anche altri episodi, che hanno riguardato le sue stesse residenze. Noi vogliamo essere sicuri che il Presidente del Consiglio sia ben tutelato, come ogni altro esponente politico.

Potremmo fermarci qui perché i discorsi sul famoso «clima» nell'immediatezza di questi fatti sono scivolosi, e lo stiamo vedendo anche in questa discussione. Il rischio è che qualcuno si vesta da pompiere per fare l'incendiario e che cominci un gioco di criminalizzazione reciproca fra noi oltre il segno. Respingo tale modo di discutere e non voglio entrare nel merito di affermazioni che non condivido, che adesso ha pronunciato l'onorevole Cicchitto.

Mi accosto con cautela a questa discussione, perché credo che discutere genericamente sul clima non ci convenga, credo che ci convenga discutere più precisamente sui comportamenti: sui comportamenti che riguardano tutti, noi stessi, senza attaccare però a questo chiodo un filo che porta fino alle azioni criminali, perché le azioni criminali non sono in nessun modo giustificabili.

Vediamo, invece, in un'occasione così drammatica l'opportunità di riflettere su comportamenti, anche nostri, che possono portare ad uno spaesamento, ad uno sbandamento e ad una regressione della pubblica opinione e quindi ad un indebolimento della coscienza democratica. Questo tocca a noi e su questo una riflessione non è inutile e deve riguardare tutti. Non è inutile ricordare, almeno per me, che in democrazia ognuno ha il suo compito: l'opposizione deve opporsi, ma insieme costruire la ragionevole fiducia in un'alternativa positiva, senza mai scommettere su scorciatoie nel processo democratico. Il Governo deve governare, mettendo la propria gente in sintonia con i problemi del Paese, non staccando Pag. 13l'agenda dai problemi del Paese, e ricordando sempre che il Governo si difende dall'opposizione, contrattacca rispetto all'opposizione ma il suo mestiere non è quello di attaccare l'opposizione ma è quello di governare.

Voglio concludere con una riflessione su di noi, qui, nel Parlamento, luogo che riassume la libertà di tutti: abbiamo una responsabilità che riguarda tutti, ma che per definizione è maggiore perché chi è in maggioranza. Davvero la maggioranza pensa di poter lavorare per cinque lunghi anni nel cercare di rendere senza voce, impotente e frustrata la minoranza, l'opposizione? Davvero quello che c'è nel Paese anche in termini di protesta, di difficoltà e di proposta non deve avere mai una risposta, neanche minima? Davvero deve aver sempre ragione chi è d'accordo? Davvero non deve esserci mai niente di accettabile in quello che presentiamo noi? Davvero non deve esserci una parola, un gesto, un atto che dimostri che la pentola a pressione di quel che sempre c'è in un Paese che è in mezzo alle difficoltà abbia comunque una valvola, un qualche esito positivo?

Pensiamo di andare avanti cinque anni al ritmo di ventisei voti di fiducia all'anno? Attenzione, il Parlamento rappresenta il luogo nel quale è rappresentata la libertà di tutti. Sto parlando di una cosa che non c'entra nulla con quel che è successo.

Sto parlando di una cosa che ha a che fare - ho concluso, signor Presidente - con un processo democratico, che dobbiamo tutti assieme garantire, perché la democrazia è l'unico sistema che crea un rapporto elastico tra società e politica e dobbiamo utilizzare tutta l'elasticità di questo meccanismo, se vogliamo avere un Paese dove l'aria sia meno pesante di quella che è oggi.

È un'aria che preoccupa tutti.''




Siamo pronti a dare la mostra disponibilità sulla discussione della prossima legge finanziaria, a patto che vengano dibattuti alcuni emendamenti dell'opposizione. Questa era la sintesi della proposta avanzata dal segretario Pier Luigi Bersani a chiusura del convegno del Pd sulle autonomie locali che si è svolto a Milano lunedì 14 dicembre. Un lungo confronto dal quale è emerso il malessere e le difficoltà che le regioni le province e i comuni, soprattutto i più piccoli, devono affrontare a seguito dei vincoli imposti dal governo con il patto di Stabilità, che ha azzerato la possiiblità di fare investimenti a tutti gli enti locali, anche a quelli con i conti in ordine e un'amministrazione virtuosa.

L'approvazione della Finanziaria? Si, ma senza fiducia e discutendo gli emendamenti del PD. Sebbene le attenzioni dei media siano rivolte tutte al vile attentato contro il premier, il Partito Democratico non ha dimenticato le priorità che l'agenda politica impone, a partire dalla finanziaria e l'uscita dalla crisi economica. “Siamo pronti a garantire gli stessi tempi di approvazione che ci sarebbero in caso di fiducia - ha affermato Bersani - se loro accettano di discutere un numero limitato di emendamenti”.

Ciononostante, a tentativo di allungare la mano con il desiderio di condividere i principali punti per la ripresa economica e occupazionale, Bersani ha previsto che la sua proposta non sarà raccolta. ''Faccio un pronostico - ha aggiunto - loro non accetteranno perché hanno paura che si sfilacci la loro maggioranza”.

Per il leader del Pd sarebbe inaccettabile porre la fiducia su ogni intervento che, surrettiziamente, possa contenere la riforma degli organi dello Stato e, in particolare, il sistema delle autonomie locali e lo ha ribadito alla Camera martedì mattina. “Siamo pronti alla discussione - ha dichiarato Bersani - purché si tengano fuori le leggi ad personam e i commi della finanziaria per far passare le riforme”.

Gli enti locali. Per Bersani la crisi economica continuerà a farsi sentire per tutto il 2010. Per farvi fronte il leader democratico ha invitato il governo a considerare gli enti locali come una risorsa fondamentale. 

"Dobbiamo fare una denuncia forte – ha dichiarato Bersani - la preoccupazione sta nella realtà: davanti a noi abbiamo un 2010 difficile e chi si trova a governare non avrà molti strumenti. La domanda per il centrodestra è questa: gli enti locali sono una possibile medicina davanti la crisi che abbiamo o sono una malattia?".

Fino ad ora il governo ha latitato nel superamento della crisi. A luglio scorso ha preparato “una manovra finanziaria come se fosse carnevale. E la responsabilità ce la prendiamo anche noi. Loro navigano 'bordeggiando' - ha aggiunto Bersani - con misure palliative". Oggi nell'affermare che la crisi è alle spalle, che il nostro paese sta meglio rispetto le altre nazioni europee, è solo l'ennesimo tentativo di ricercare il consenso perduto. "Non so nei prossimi mesi cosa accadrà - ha continuato il leader del Pd – perché siamo in una situazione nella quale non si è preso il coraggio a due mani. Eppure si governa anche per rompere qualche noce! Sia chiaro: gli enti locali e il sistema delle autonomie sono le medicine per far fronte alla crisi economica".

Il problema Lega. "E' ora di sollevare il problema della Lega - ha detto il leader del Pd - senza spocchia, ma con rispetto adesso ci diciamo che in realtà la Lega ha mostrato di essere un partito ideologico, non autonomistico".

“Cosa ha inventato di nuovo il carroccio, al netto delle ronde per le autonomie locali”? Per Bersani la Lega fa solo uso di “tradizioni inventate” che richiamano lontani riti celtici non riconducibili alla storia padana e “va ad insegnare a un cardinale il suo mestiere". 

Queste “sono operazioni che non c'entrano con le autonomie. Allora c'è da chiedersi: siamo lì a risolvere il problemi o ad agitarli per prendere voti? Li risolvessero questi problemi, altrimenti viene il dubbio che li vogliano tenere caldi per continuare a prendere voti". "La Lega - ha
concluso - usa il concetto di autonomia. Ma siamo noi il partito delle autonomie".

A.Dra

mercoledì 9 dicembre 2009

domenica 6 dicembre 2009

un partito ha altre responsabilita'

Bersani: «Il Pd ha fatto bene
a non aderire al "No B-day"»

Il segretario del partito Democratico:«Non potevamo imbucarci in una manifestazione della rete»

Pierluigi Bersani (Ansa)
Pierluigi Bersani (Ansa)
ROMA - «Quella di Ezio Mauro è un'opinione autorevole ma io rimango fermamente della mia idea». Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, non si è pentito di non aver aderito al No B-day che si è svolto ieri a Roma. Bersani replica al direttore della «Repubblica», Ezio Mauro, secondo il quale è stato un errore del partito non aver partecipato all'iniziativa. «Capiamoci bene: quella di ieri -spiega Bersani partecipando a «In Mezz'orA, condotto da Lucia Annunziata su Raitre- era una manifestazione della rete? Sono diverse piattaforme e posizioni diverse che si uniscono in una parola d'ordine? Se è tutto questo, allora un partito cosa deve fare? Mettersi in coda o imbucarsi? Deve metterci il cappello e aderire a tutto quello che viene detto o mandare delegazione come in Cecoslovacchia negli anni 50? Chiediamoci questo, io dico di no».

UN PARTITO HA ALTRE RSPONSABILITÀ - «Un partito deve lasciare liberi i militanti i suoi dirigenti, secondo le proprie sensibilità. Come partito deve prendersi un'altra responsabilità» ha proseguito Bersani. «Dopo la giornata di ieri la responsabilità del Pd è quella di cogliere questa energia e collegarla ad altri mondi e sensibilità, mondi e energie che possono mettere in campo una alternativa». «Sento l'obiezione che la base ha un avversario diverso rispetto ai vertici del partito... no, questa obiezione non la faccio passare. Per quanta gente ci fosse ieri in piazza -aggiunge il segretario del Pd- di gente che vuole mandare a casa Berlusconi ce n'è di più. Anche gente che ha votato Berlusconi, perchè se partiamo dal presupposto che tutti quelli che hanno votato Berlusconi sono fascisti o opportunisti, allora credo che non andiamo da nessuna parte».

sabato 5 dicembre 2009

solidarietà ad angelo rossi

cosi scrivevo ad aprile 2009..
ma a gallicano quanti PdL esistono?
Questa domanda sorge spontanea dopo aver appreso dell'intensa attivita' de La Destra nel panorana politico di Gallicano.
Andiamo con ordine si dimette Ciamei che passera' alla storia come il segretario piu' veloce che abbia mai avuto un partito a Gallicano. Si dimette perche' come ci spiega Caratelli voleva assolutamente un accordo non con il PdL ma con Rossi.
Bene, ritorna segretario Caratelli, quindi Ciamei e' come se si fosse dimesso due volte, e fa un incontro......Accordo PdL -La Destra, con Rossi.
Quest'ultimo dopo due giorni sul blog scrive PRECISAZIONI e spiega si che c'e' stato l'incontro ma non parla di accordo. Della serie io so io voi......... Ma nulla di nuovo fino a qui conosciamo bene l'autostima del pupillo.
Due giorni fa Caratelli informa .......Accordo (2) Pdl- La Destra......e ci informa che ha incontrato i consiglieri Sorgi e Giordano. Forte accordo per combattere il centro sinistra!.
Ora ci aspettiamo che Caratelli incontri il Capogruppo Consiliare di minoranza Chiarelli e magari la Consigliera Saraceni.
Come mai Caratelli non ha incontrato tutti insieme?, ma sopratutto perche' informa degli incontri separati?
Come pensavamo ci sono piu' PdL a Gallicano o quantomeno sicuramenti piu' fazioni.
Buon lavoro Caratelli

Ma oggi le cose sono cambiate non nel titolo ma nei personaggi infatti analizziamo ad oggi le fazioni del PdL.

Rossi come da me previsto viene eletto coordinatore del Circolo, e senza nessun sarcasmo credo che rispecchi perfettamente la linea detata  dal cavaliere , linea monarchca come dice il presidente FINI, cioè nessun congresso e responsabilità direttiva ai vecchi organi. Ritengo personalmente che Rossi forse è la persona più indicata a svolgere questo ruolo, vecchio militante, persona di fiducia degli organismi provinciali e militante a tempo pieno.
Ma perchè gli do la mia solidarietà umana e politica, cercherò di spiegarlo.

Intanto è cambiato il quadro politico nel PdL da aprile, pochi mesi. I consiglieri Sorgi e Giordano hanno deciso, legittimamente di aprire una sede IMAGO A gallicano. Alla inagurazione portano il ministro Ronchi e si presentano alla cittadinaza come una nuova forza politica, sempre del PDL, affiancando una associazione molto conosciuta nel Lazio. A loro supporto c'è Giovanni D'Offizi oggi esponente della UGL ieri della CGIL,  e sicuramente uomo di navigata esperienza politica. Due considerazioni la prima esiste a Gallicano un rappresentante provinciale della UGL (Caratelli) come mai le due sedi sindacali non collaborano? seconda domanda se il motivo di questa nuova forza era quello di rafforzare il PDL A GALLICANO COME MAI SI FANNO RIUNIONI PER FOMENTARE UNA AZIONE contro ROSSI? ecco il motivo della prima solidarietà
Andiamo avanti. Caratelli è l'unico che resta a La Destra. Da come sappiamo c'è stato un fuggi fuggi proprio perchè Caratelli, a quanto ci dicono, non vuole nessun accordo con Rossi, anzi cerca di far capire disperatamente che la rovina della destra a gallicano è Rossi. Convince non convince di fatto resta solo. Ma mi chiedo come mai interpellato per una azione , politica chiaramente, contro Rossi si tira indietro e dice che l'unico suo obiettivo è battere il centro sinistra. Secondo motivo di solidarietà a Rossi.
Intanto prende piede a gallicano un comitato e gli interessati si presentano come indipendenti. Personalmente avevo detto che si trattava della solita ammucchiata e poi lo valutavo pienamente politicizzato. Tutti mi hanno aggredito, ma alla fine ho ragione. Infatti allla nascita del comiato dovevano essere presenti esponenti di livello de La Destra di guidonia. Non si è presentato nessuno. Ieri apprendiamo che il direttivo di questo comitato ha incontrato, siamo in clima elettorale quindi capisco i motivi, un consigliere regionale  della PDL. Mi chiedo ma se a gallicano c'è un esponente di spicco come Rossi legato ad un esponente importante della PdL lazio come mai questo incontro?
terzo motivo di solidarietà per Rossi.
quindi il quadro politico della PdL, a bocce e ferme e ad oggi, a marzo sarà il seguente:
D'Offizi, Sorgie forse Giordano legati alla corrente aracri
Rossi Saraceni e forse chiarelli legati a Lollobrigida
Caratelli sicuramente in lista con storace
Comitato indipendente con Erder.
Certo Rossi dirà che è meglo che ci sia dialogo e che ci siano più correnti perchè lui è stanco di lavorare sempre da solo, ci dirà anche che sarà impegnato come responsabile di zona per la campagna di Lollobrigida, ci dirà tante cose ma la mia solidarietà gli va tutta, senza alcun ripensamento. Un dirigente come lui che dovrà vedersela più con forze interne che del centro sinistra. 
Caro Angelo non ti invidio per il lavoro che avrai, ma sono sicuro che riuscirai a tamponare bene le falle che giorno dopo giorno si formenranno.
Solo una cosa ti consiglio, da rappresentante locale della forza di centro destra limita le esternazioni dei tuoi iscritti sul futuro di gallicano. Ad oggi abbiamo tre convinti candidati a sindaco. Caso strano tutti della stessa famiglia!! e in pieno rispetto delle quote rosa.
Buon Lavoro Angelo e complimenti per l'incarico all'ANCI.  

CORDIALMENTE
Marcello Accordino

venerdì 20 novembre 2009

i BLOG

Navigando per i Blog cittadini c'e' un unico filo conduttore, post rivolti tutti al sottoscritto, con modalita' e scopi diversi, ringrazio tutti per questo interesse. Come si suol dire meglio parlarne.

In un blog apprendo che le mie preoccupazioni sono garantite dalla figura di un presidente (bastava dire solo questo invece di impiegare tanto inchiostro) quindi il tesoriere puo' dormire sonni tranquilli che e' in buone mani.

In un altro mi vengono poste delle domande e ringrazio anticipatamente per la stima che mi e' stata riservata.
Non ho problemi sig. Caratelli a risponderLe ma Le rispondo da questo Blog perche' sinceramente, continuo a dirlo, il ruolo politico racchiude il pensiero di una persona a prescindere delle cariche. Certo da Amministratore alcune cose tecniche vanno spiegate nei luoghi preposti come consiglio comunale e sede comunale, ma il mio ruolo e' politico e quindi mi viene richiesta principalmente programmazione e controllo e questo mi basta per poter risponderLe sopratutto da questo Blog PD.
Spero che un giorno Lei mi riservera' la stessa considerazione da amministratore, ma mi creda in qualunque veste sono sempre me stesso nella coerenza delle mie idee. Senza veli ne confusioni.
Lei pone il problema della Consulta, come ben sa e' un organismo che si crea su indicazione del Sindaco e ha funzioni di collegamento tra la societa' civile e chi amministra.
Ogni cosa pero ha una sua ragione, un costo ed una organizzazione. Spesso siamo chiamati da amministratori a decidere sulla spesa e poiche' l'impegno previsto, anche se non considerevole, in questo momento non puo' essere soddisfatto perche riteniamo impegnare euro in altra programmazione non consideriamo al momento la realizzaizone. Nulla toglie che in un prossimo futuro questo potra' essere considerato. Le ricordo pero' che siamo alla terza edizione, mi passi il termine, del bilancio partecipato e lo si fara' anche quest'anno perche finanziato con 5.000 euro dalla Regione Lazio. Certo non e' la Cosulta che ha altri scopi, ma l'interesse che c'e' stato negli anni passati nei consiglieri comunali, nelle associazione, nelle forze politiche sicuramente ha colmato quel vuoto a cui credo anche Lei si riferisce. Potrebbe essere un metodo valido di avvicinamento alla Consulta.
Problema di pubblicazione degli atti ed eventuale video dele sedute consiliari.
Abbiamo iniziato a pubblicare nel sito comunale le delebere di giunta e siamo prossimi alla pubblicazione degli atti completi sia di giunta che di consiglio. Per la videotrasmissione vale il concetto di prima. Ci sono dei costi per poterla realizzare e quanto Lei riferisce sul suo blog della realizzazione in comuni vicini Le assicuro che e' stato possibile con fondi di Enti sovracomunali. Speriamo che anche in un prossimo futuro Gallicano sia considerato da finanziamenti mirati.

Anagrafe degli eletti. Siccome Le riconosco una onesta intellettuale Lei dovrebbe dire che non e' vero che noi ci rifiutiamo ad applicarla Lei dovrebbe dire che l'anagrafe e' obbligatoria per i comuni superiori ai 15mila abitanti pertanto noi non siamo obbligati ad applicarla. Se noi si decidesse di farlo sarebbe solo e soltanto per una opportunita' politica e basta. Almeno io credo che Lei a questo si riferisse quando parla di opportunita'. Lasci pero' a noi la decisione su questo, l'importante che i cittadini al momento sappiano che non siamo obbligati.

Per quanto concerne le parole ed i fatti, come recitava il titolo del suo post, Le comunico che sono un convinto sostenitore dell'associazionismo, lo sono sempre stato e a gallicano ho avuto una esperienza importante con la presidenza del comitato dei gemellaggi, che mi ha consentito di conoscere ed apprezzare meglio le realta' locali .
In qualita' di presidente della commissione consiliare qualita' per la vita (mi scuso ma purtroppo un'altra carica) proporro' ai componenti la formulazione di un regolamento sulle associazioni dove prevedere le varie forme e le regole per meglio organizzare e ottimizzare l'associazionismo sul territorio. Sicuramente prendendo spunto dalle realta' presenti, elaboreremo il regolamento che invieremo al Sindaco e al Presidente del Consiglio Comunale per la conseguenziale ratifica.
Spero di aver risposto a tutti i quesiti posti e la ringrazio per la stima.

Cordialmente
Marcello Accordino

giovedì 19 novembre 2009

Accordo per la laburista agli Esteri e il belga Van Rompuy alla presidenza
Determinante la posizione di Londra che ha rinunciato all'idea di Blair a capo del Consiglio

Mr Pesc, salta la candidatura di D'Alema
I socialisti scelgono l'inglese Ashton

L'ex premier italiano: "E' stato un onore essere candidato. Auguri alle persone nominate"


Mr Pesc, salta la candidatura di D'Alema I socialisti scelgono l'inglese Ashton

Catherine Ashton

BRUXELLES - Non sarà Massimo D'Alema a guidare la diplomazia dell'Ue. Per la carica di Alto rappresentante per la politica estera il Partito socialista europeo ha scelto la britannica Catherine Ashton, commissaria europea al Commercio, unica tra i candidati che non aveva alle spalle un passato da ministro degli Esteri. Un'indicazione che ha spianato la strada alla nomina del premier belga Herman Van Rompuy alla prima presidenza stabile dell'Unione. "Faccio i migliori auguri alle persone che sono state nominate. E' stato un onore essere stato candidato per un incarico così prestigioso in un momento così importante per l'Europa", ha commentato D'Alema.

La giornata a Bruxelles. "Gli otto capi di governo socialisti si sono incontrati e hanno deciso all'unanimità di sostenere Catherine Ashton", ha riferito a metà pomeriggio uno dei partecipanti alla riunione di Bruxelles. Successivamente il portavoce di Londra ha confermato che il primo ministro Gordon Brown ha accettato di non candidare Tony Blair alla presidenza del Consiglio europeo e di appoggiare la nomina di Ashton.

Poco dopo la presidenza di turno dell'Ue, in questo semestre svedese, ha proposto Van Rompuy alla carica di presidente del Consiglio europeo e Ashton a quella di ministro degli Esteri. Il principale ostacolo per la nomina del premier belga era stato fino a oggi Londra, le cui aspirazioni sono state soddisfatte dalla designazione di Ashton.

In serata è infine arrivata la notizia che i leader europei avevano raggiunto un accordo sui nomi di Van Rompuy e Ashton.

La baronessa laburista. Ashton, 53 anni, baronessa di Upholland, era stata sin dall'inizio una delle candidature "rosa" più quotate. Nell'esecutivo Barroso era entrata nell'ottobre del 2008 con il rimpasto che l'aveva vista sostituire Peter Mandelson, entrato nel governo Brown. E' una grande esperta del Trattato di Lisbona, essendo stata lei a seguirne l'iter alla Camera dei Lord, e di Welfare ma non di politica estera.

Ashton ha studiato economia all'Università di Londra. Dal 1983 al 1989 direttore di Business in the community, un'associazione di imprese che ha nel suo statuto l'impegno a occuparsi dei problemi relativi alle diseguaglianze, dal 1998 al 2001 è stata anche responsabile dell'Autorità sanitaria nell'Hertfordshire, prima di essere nominata sottosegretario all'Istruzione.

Il 28 giugno del 2007 è stata scelta da Brown come leader dei laburisti alla Camera dei Lord. Poco più di un anno dopo, il trasloco a Bruxelles, tra lo scetticismo e le critiche di quanti la consideravano troppo poco esperta e di basso profilo per un portafoglio cui Londra teneva molto.

(19 novembre 2009) Tutti gli articoli di esteri

Chi è la baronessa Ahston, candidata a ministro degli Esteri europeo

Margaret AshtonMargaret Ashton
ultimo aggiornamento: 19 novembre, ore 19:10
Roma - (Adnkronos) - È arrivata a Bruxelles poco più di un anno fa per sostituire Peter Mandelson tra lo scetticismo e le critiche di quanti la consideravano troppo poco esperta e di basso profilo per un portafoglio cui Londra tiene molto

collaborazione

Vorrei comunicare che ieri ho sporto denuncia alla Polizzia Ferroviaria a Roma su quanto succede nei blog di gallicano nel lazio e precisamente l'uso maldestro di quanto da me scritto con sottostante firma. Il contenuto dei miei post viene prelevato dal blog del PD e viene inviato a tre blog cittadini come se fossi io a farlo in anonimato.
Abbiamo simulato con gli Ufficiali di Polizia quanto accaduto e sono stato costretto a sporgere denuncia contro ignoti.
Abbiamo concordato con i Dirigenti del Servizio il modo come eventualmente io lascero' qualsiasi messaggio in qualsiasi blog con un codice depositato. Questo a tutela delle mie responsabilita'
Pertanto l'ignoto che si diverte e vuole giocare continui a farlo, ma si informi sui rischi penali a cui va incontro.
Gli Organi preposti mi hanno altresi comunicato che in tutti i blog presenti sul nostro territorio il Responsabile preventivamente autorizza la pubblicazione dei post, quindi chiedo ai Responsabili dei blog cittadini un aiuto affinche' questo ignoto possa essere identificato e denunciato.
A tal fine chiedo ai Responsabili , di contattarmi al cellulare (3387316523) ogni qualvolta arriva alla loro attenzione un commento a mia firma , per conferma o meno che sia il sottoscritto il responsabile dello scritto, prima della loro eventuale pubblicazione.

Per il resto tutti i miei post personali saranno quelli pubblicati solo e soltanto su questo blog.

Sicuro della Loro collaborazione, e sicuro che questa denuncia possa essere una garanzia per tutti i responsabili di Blog.

Cordialmente
Marcello Accordino

mercoledì 18 novembre 2009

qualche riflessione.........sui comitati e sui tesorieri

Voglio fare questo post per chiarire che ne il sottoscrtitto ne il partito di cui sono segretario, sono come qualcuno dice preoccupati del nuovo comitato costituendo perche' e' palese che lo stesso serva a mettere in discussione il centro destra e non il centrosinistra.
Anzi personalmente sono contento e sostenitore dei comitati in generale ma di questo in particolare .
Tranquillizzo anche qualche pensatore che dormo sonni tranquillissimi anzi per parafrasare quanto succede e' un sogno gia' visto.
Ho semplicemente voluto dimostrare una mio interesse a che la trasparenza fosse di tutti e non solo di una parte e di questo ringrazio il o i responsabili del blog del comitato per averne civilmente preso atto.
Pero' se mi e' consentito vorrei, sempre nello spirito di discussione civile, fare qualche considerazione.
Ho capito perche' l'incontro si fa in un ristorante.
Pregherei qualche permaloso di comprendere il mio fine sarcasmo premettendo che non vuole essere assolutamente offensivo.
E' tutto apparecchiato e chiaramente non mi riferisco al cena ma alle cariche sociali.
Infatti nonostante lo statuto che ci hanno proposto parla di un comitato promotore e di elezione del Comitato Direttivo (eventualmente!) alla 1 riunione, ci viene invece proposto l'intero organigramma del comitato, ex movimento ed ex consulta.
Ma posso capire che ci vuole una dirigenza e quindi i soci al di la' dello statuto hanno gia' pensato a questo.
Ma mi chiedo perche' e' nominato anche il direttivo maggioritario?
Spiego meglio 7 persone, la maggioranza, sono gia' stati indicati e si lascia alla assembla l'eventuale elezione degli altri 6 membri! questo lo trovo diciamo poco democratico.
Ma comunque anche qui capisco che chi ha voluto mettere assieme questa, scusatemi stavo dicendo ammucchiata, diro' ,per non fare irritare il solito permaloso, associazione di persone vuole anche assicurarsi una guida del comitato, non democratica come soluzione ma leggittima.
Ma una cosa che non riesco proprio a capire e' una sola per la quale non sono riuscito a trovare risposta. Ed e' questa: i poteri del TESORIERE, che sembrerebbero condivise con altre cariche ma cosi' non e'. La responsabilita' e' solo personale
Non riesco a capire come mai una associazione che ha come principi il non scopo di lucro, che ha come principi la promozione e discussione di problemi sociali, che non prevede nessun compenso per le cariche elettive, perche' dare tutte le responsabilita' a questo pover'uomo.
Capisco che sicuramente ci vorra una sede, bisognera' arredarla, magari acquistare dei pc, magari pagare luce e quant'altro, ma che c'entra dare poteri al Tesoriere di: aprire conti, bancari e postali, utilizzare lo scoperto, girare assegni, girare cambiali!!. Che c'entra?
Neanche una associazione finanziaria da' tutti questi poteri ad un tesoriere, tesoriere che in associazione come quella proposta dovrebbe solo notificare le quote annuali dei soci e qualche contributo.
Tutta la mia solidarieta' umana al tesoriere .
Al Comitato Buon Lavoro

Cordialmente
Marcello Accordino

p.s.
al signore che adesso fara' copia/incolla di quanto da me scritto vorrei dire che ho notificato questa sua attivita' a chi di dovere. Non lavori troppo i cittadini possono leggere quanto da me scritto sul blog del Partito Democratico.


martedì 17 novembre 2009

Per la precisione

Il post che avevo scritto sull'uso dello stemma, datato lunedi 16 11 2009, portava il titolo : "rispetto delle regole e trasparenza" ed e' facilmente rileggibile.

Ho posto questo problema perche' ho vissuto molto il percorso per la autorizzazione del simbolo e dello stemma e del gonfalone e ho solo ricordato che nello statuto comunale, cosa che molti noto considerano banale, e' prevista l'autorizzazione della giunta per il loro utilizzo.
Quanto sopra riferito e' stato ampiamente discusso e votato in Consiglio Comunale e tutti hanno dato grande importanza al tema.

Altra precisazione, non e' vero che la giunta non ha autorizzato, e' meglio forse scrivere che la richiesta non e' stata mai fatta e forse qualcuno arbitrariamente stava utilizzando lo Stemma.
E' cosa ben diversa.

Comunque grazie al o ai responsabili del blog locale ai quali in meno di tre giorni ho fatto due richieste ed ambedue sono state evase.
In fondo, come dimostra la loro immediata sollecitudine ad accogliere le istanze, dimostra che forse avevo ragione.
Grazie ancora.

Cordialmente
Marcello Accordino



P.S., dimenticavo vorrei dire al signore che copia i miei post e li incolla in altri blog, che almeno sia intelligente, cosa credo difficile, a rispettare gli orari dell'invio. E' palese ha inviato prima il secondo post e poi il primo, fosse quella manina......
Dico a questo signore che se volevo scrivere nei blog non ho bisogno di questi mezzi, lo farei normalmente come l'ho fatto quando era opportuno.
Ah! ricordo ancora che i mie messaggi non sono mai anonimi, portato l'intestazione PD.
Che tristezza.

....manina lesta

nottetempo sono scomparsi i colori della stemma del comune di gallicano del lazio arbritariamente utilizzato.

vorremmo ricordare che gli elementi distintivi di uno stemma non sono i colori, ma bensì i simboli Comunali in esso contenuti, registrati ed autorizzati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Pertanto si diffida chiunque dall'uso dello stemma senza previa autorizzazionecome, come da statuto, e come ricordato ieri ai disattenti dal nostro segretario.

Questo sempre per la trasparenza e il rispetto delle leggi.

lunedì 16 novembre 2009

rispetto delle regole e trasparenza

Art.5 comma 6 dello statuto comunale Gallicano nel Lazio cita testualmente :

"l'uso dello stemma da parte di associazioni ed enti operanti nel Comune può
essere autorizzato con deliberazione della Giunta comunale nel rispetto delle
norme regolamentari e soltanto ove sussista un pubblico interesse."

Da Vicesindaco non ho partecipato a nessuna giunta che autorizza, come previsto dallo statuto comunale, l'uso delllo Stemma del Comune di Gallicano nel Lazio a favore di Associazioni operanti nel Comune di Gallicano nel Lazio.
Presentero' una Interrogazione al Sindaco e contestualmente inoltrero' richiesta di informazioni alla Agenzia delle Entrate per eventuali registrazioni e depositi di simboli con utilizzo dello Stemma del Comune di Gallicano nel Lazio.

Cordialmente
Marcello Accordino

sabato 14 novembre 2009

grazie

Ringrazio il o i responsabili del blog L'Altra gallicano per aver rimosso il link del PD, dalla home del loro blog, come da me richiesto. Grazie.

Per il resto dovrei comunicare che quanto ieri pubblicato mi da la possibilita' di raggiungere quota 10 relazioni con 10 donne, fortunatamente!!, diverse tra loro per caratteristiche fisiche e provenienza politica. Infatti da circa 2 anni un anonimo, da numero privato, informa al telefono di casa mia moglie delle mie "attivita' ". Eravamo arrivati a 9 fino al mese scorso, quando l'anonimo mi dava in trasferta a Subiaco .
Grazie anche per questo, in questo periodo.......... avevamo bisogno nel PD di questo tipo di conferme.

Cordialmente
Marcello Accordino

venerdì 13 novembre 2009

rispetto delle regole

Non so chi abbia utilizzato il link del Partito Democratico di Gallicano in un altro blog cittadino denonimato L'altra gallicano.
Il sottoscritto non ha MAI autorizzato tale disposizione pertanto invito gli eventuali responsabili del nuovo blog di rimuobere IMMEDIATAMENTE il link del partito democratico.
In democrazia, ma vedo che chi ha fatto questo la conosce  poco, si chiede prima una autorizzazione e non si imposta una pagina di blog senza consenso ed approvazione degli interessati.
In ogni caso anche se fosse fatta questa richiesta darei il parere contrario poiche non voglio associare il blog del  partito democratico ad altri blog personali .cittadini
Voglio liberamente e democraticamente rispondere del mio operato personale e di quello del partito che rappresento solo e soltanto nel blog di cui sono responsabile.

Pertanto invito questi signori a RIMUOVERE IMMEDIATAMENTE il link del PD.

Dalle prima visione però capisco che non si tratta di ....un'altra gallicano.... è la solita ammucchiata che cerca disperatamente di cambiare nome e identità  e ancora non ha capito che deve cambiare gli uomini che la rappresentano. 

Cordialmente
Marcello Accordino


sabato 7 novembre 2009

UN PARTITO GIOVANE CI CHIEDE DI ESSERE GIOVANI NEL CUORE



Discorso d'apertura alla Assemblea Nazionale del Segratario Pierluigi Bersani
Roma, 7 novembre 2009


Care democratiche e cari democratici, cari amici e cari compagni,
prima di ogni altra cosa voglio che da questa nostra Assemblea venga un saluto affettuoso al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e un ringraziamento per la personalità, la forza e l’equilibrio con cui sta esercitando il Suo altissimo ruolo di garanzia.
Un saluto voglio rivolgere anche a nome vostro a Romano Prodi.
Lo sentiamo qui con noi nelle radici profonde della nostra grande avventura e conosciamo l’affetto e l’attenzione con cui segue le vicende del nostro e del suo Partito.
Un ringraziamento anche a tutti quelli che ci hanno portato fin qui in una vicenda complessa, difficile, ma esaltante.

In particolare un ringraziamento a Dario Franceschini che mi ha preceduto in questo ruolo e che si è confrontato lealmente con me e con Ignazio Marino in nome delle migliori prospettive del Partito.

Nei temi che ricorrono in questa relazione c’è ovviamente molto di mio, ma anche non poco di loro perché mentre ci confrontavamo ho cercato sempre di ascoltarli.

Infine un ringraziamento e un saluto cordiale ai Rappresentanti delle quaranta Ambasciate che sono presenti oggi e che testimoniano con la loro presenza il rilievo del nostro appuntamento.

Ho detto più volte che non credo al Partito di un uomo solo ma ad un collettivo di protagonisti.

So bene che la formazione di un collettivo deve avere forme nuove e contemporanee; ma rinunciarvi, per un partito popolare, non sarebbe andare avanti, sarebbe regredire.

Dunque mi rivolgo a voi non come ci si rivolge ad una folla ma come ci si rivolge al largo gruppo dirigente del nostro Partito corresponsabile con me di questa nostra straordinaria avventura.

Vi propongo subito e con chiarezza i nostri essenziali compiti: costruire il Partito, preparare l’alternativa.
Sono compiti che richiedono un lavoro importante per durata e per profondità.

Inutile cercare scorciatoie o immaginare strade senza inciampi.

Cerchiamo piuttosto di darci solidità, di darci una tranquilla certezza di noi stessi e obiettivi chiari.

La forza c’è e la si è vista in questi mesi.

La sera delle primarie ho detto che dentro la vittoria di tutti c’era anche la mia vittoria.

È stata davvero una vittoria di tutti. Più di 400.000 (466.573 pari al 56% aventi diritto) iscritti hanno partecipato ai congressi di circolo, più di 3 milioni (3.102.709) di cittadini hanno votato alle primarie.

Una spinta enorme, un incoraggiamento enorme!

Quante cose possiamo capire meglio dopo questa vicenda!

Cose che riguardano noi e cose che riguardano l’Italia.

Cose che riguardano noi innanzitutto.

Ad esempio la evidente sintonia fra iscritti e cittadini elettori ci dice, al di là della contingenza, una cosa molto profonda, che purtroppo abbiamo avuto in dubbio fin qui e che ora possiamo fissare con certezza.

È possibile immaginare un grande Partito in cui organizzazione ed apertura alla società si tengono, non sono in tensione od in alterità ma possono rafforzarsi reciprocamente.

È un assunto determinante per indicarci la strada.

Ma più ancora da questo nostro percorso è venuta una parola nuova all’Italia, una parola che non dobbiamo lasciare spegnere, una parola sulla questione democratica aperta nel Paese, sulle possibili prospettive della nostra democrazia.

Ancor più dopo queste settimane, noi siamo orgogliosi di sentirci costruttori di un Partito.

Orgogliosi, perché costruendo un Partito realizziamo la nostra Costituzione che parla di Partiti e non di popoli.

Costruendo un Partito in un modo nuovo e con larghi meccanismi di consapevole partecipazione noi diciamo con i fatti che esiste un’altra modernità alternativa alla deformazione populista e plebiscitaria del nostro quadro politico e costituzionale.

Una novità che può venire dall’innovazione dei partiti secondo regole che siamo pronti a discutere in applicazione dell’articolo 49 della Costituzione.

Una novità che può venire dal rafforzamento e dalla riforma del sistema parlamentare.

Una novità che può venire da una legge elettorale che riconsegni ai cittadini la scelta dei parlamentari.

Un mese fa, alla nostra Convenzione ho descritto come in molti Paesi del mondo emerga una caduta di efficacia e quindi di credibilità della democrazia rappresentativa per la natura dei problemi e dei poteri che si muovono oggi nel mondo, problemi e poteri difficili da afferrare e da riportare al controllo dei cittadini rappresentati.

Ho cercato di dire come nella particolare situazione italiana tutto questo possa scivolare in deformazioni e semplificazioni regressive della rappresentanza col rischio di rimpicciolire il nostro Paese nel contesto delle grandi democrazie mondiali, ne impedirebbe la modernizzazione, lo lascerebbe ostaggio delle sue arretratezze.

Ho anche detto, e lo ripeto qui, che questo rischio non può essere affrontato con una impostazione difensiva o nobilmente conservatrice.

Ci chiamiamo Democratici perché poniamo al Paese il problema di una democrazia efficiente. Ci chiamiamo Riformisti perché vogliamo le riforme.

Noi rifiutiamo in radice l’idea che il consenso venga prima delle regole, che la partecipazione democratica significhi eleggere un capo, che la società civile sia ridotta a tifoseria.

Riconosciamo, nel contesto delle grandi democrazie del mondo, la pari dignità di modelli parlamentari e di modelli presidenziali bilanciati.

Ma rivendichiamo per il nostro Paese in ragione della nostra grande tradizione costituzionale e in ragione delle concrete nostre condizioni sociali, culturali e storiche, un modello parlamentare rinnovato, rafforzato e reso efficiente.

E quindi avanziamo una nostra idea di riforma. Un idea di riforma che non affidiamo al cosiddetto dialogo, parola malata ed ambigua, ma al confronto trasparente nelle sedi proprie e cioè nel Parlamento.

Proponiamo di partire da quattro punti.

Superamento del bicameralismo perfetto, Senato federale, riduzione del numero dei parlamentari, rafforzamento delle funzioni reciproche di Governo e Parlamento.

Attuazione dell’articolo 49 della Costituzione con una coerente e moderna legislazione sui partiti.

Nuova legge elettorale che consenta ai cittadini di scegliere i Parlamentari, attraverso un confronto con le forze politiche cominciando da quelle dell’opposizione senza escludere una legge di iniziativa popolare.

Nuove norme sui costi della politica fissando parametri che ci mettano stabilmente e chiaramente nella media comparata dei principali Paesi europei.

Queste sono le nostre priorità sul fronte istituzionale e costituzionale. Altre ne segnalerò più avanti sul fronte economico e sociale.

Non pretendiamo di imporre queste priorità ma non accetteremmo che l’agenda delle riforme ci fosse semplicemente dettata da altri.

Voglio dire una parola chiara anche sul tema della giustizia, sul quale insiste una confusa pressione da parte di Governo e maggioranza, paradossalmente in assenza di proposte leggibili.

Se parliamo del servizio-giustizia noi non pensiamo che le cose vadano bene così.

Al netto delle immancabili eccezioni, la giustizia è un servizio inefficiente e negato a gran parte dei cittadini.

Nella crisi economica attuale, ad esempio, le recenti norme sulla giustizia civile appaiono palliativi di fronte ad un sistema in cui le relazioni economiche non hanno un vero presidio e chi esige un proprio diritto è spesso nell’abbandono e non raramente nella disperazione.

Vogliamo discutere, nella crisi, di norme urgenti e radicali sulla giustizia civile; vogliamo parlare di ragionevole durata del processo? Vogliamo partire da qui e affrontare, a partire da qui i problemi che hanno rilievo anche nella dimensione costituzionale?

Siamo d’accordo.

Ma non possiamo non vedere l’enorme difficoltà di un confronto totalmente e unicamente centrato sull’equilibrio dei poteri e soprattutto invaso dall’insuperabile interferenza di questioni che si riferiscono alle situazioni personali del Presidente del Consiglio, e segnato dall’aggressività e dalla volontà di rivincita scagliate contro il sistema giudiziario e la Magistratura.

Sono sentimenti ed intenzioni che oggettivamente inquinano la discussione.

È in grado la maggioranza di liberare il tavolo da queste ipoteche? Questa è la domanda, ed è una domanda ineludibile. Obiettivamente ineludibile.

In questa lunga campagna congressuale ho cercato di mettere al centro un tema che ripropongo qui.

Fra questione democratica e questione sociale c’è un nesso inscindibile.

Dobbiamo sapere che nella divisione e nella incomunicabilità di queste due questioni c’è la nostra sconfitta.

Nella loro consapevole connessione c’è la prospettiva vincente dell’alternativa. Parliamone al concreto.

Le condizioni reali dell’economia e della società non hanno un reale rilievo nella discussione pubblica e nel confronto politico.

Ciò avviene perché il sistema è deformato non solo dal lato dell’informazione e della comunicazione ma nei suoi aspetti strutturali cioè nella formazione delle decisioni.

La narrazione fatta di cieli azzurri e di nuvole passeggere che ci ha costretti all’immobilità e all’impotenza davanti alla realtà dei problemi non avrebbe potuto aver luogo se la formazione delle decisioni e delle leggi non fosse stata imbrigliata da un meccanismo che consente la nomina dei Parlamentari, che consente la valanga di voti di fiducia e di decreti omnibus, e che induce alla passività non solo la società politica ma, inevitabilmente, anche quella civile.

Come nel gioco delle tre carte il luogo e il tempo per discutere i problemi reali sono sempre altri.

Il vuoto viene coperto da divagazioni addirittura paradossali su cui si adagia il conformismo.

Abbiamo discusso per alcuni giorni di posto fisso mentre decine di migliaia di precari il posto fisso lo stavano trovando a casa loro!

Tutto questo alza un muro pericoloso fra dimensione sociale e realtà istituzionale e politica.

Riscopriamo che senza dialettica politica e parlamentare non c’è dialettica sociale, non c’è la possibilità di inquadrare una gerarchia di problemi davvero riconoscibile dai cittadini.

Parliamo dunque con linguaggio di verità di questa crisi.

La crisi non è psicologica, non è una nuvola passeggera, non l’abbiamo alle spalle: nessuno di noi vuol fare il pessimista o il catastrofista.

Pretendiamo semplicemente che si riconosca che abbiamo un problema serio, un problema che non si risolve da sé, un problema che altri non risolveranno per noi.

Pretendiamo, dopo diciassette mesi, che il Governo si rivolga al Parlamento e al Paese con una analisi realistica e con proposte e intenzioni che mostrino finalmente la consapevolezza della situazione internazionale e nazionale.
La situazione internazionale, innanzitutto.

Abbiamo alle spalle la crisi finanziaria? A guardare profitti e bonus delle grandi banche del mondo si direbbe di sì.

Ma ciò deriva da fiumi gratuiti di denaro che arrivano dalle Banche Centrali e che vanno su azioni e titoli piuttosto che sull’economia reale mentre i default delle famiglie possono ancora crescere, mentre le difficoltà delle imprese aumentano, mentre il livello di capitalizzazione della Banche resta inadeguato.

Ciò sospinge a una tendenza di fondo.

Le banche non si prendono rischi nuovi verso l’economia reale: intanto, niente di veramente sostanziale si è mosso per la riforma dei mercati finanziari e c’è un rischio reale di tornare a poco a poco dove si era prima.

Quanto all’economia reale, la domanda mondiale è bassa, i paesi esportatori in particolare soffrono, c’è una sovraccapacità produttiva difficile da assorbire.

Il sostegno pubblico alla domanda che avviene nei più grandi Paesi del mondo è una ricetta necessaria che tuttavia mette sul futuro non solo l’ipoteca del debito ma anche il rischio di riproporre gli stessi modelli squilibrati nelle relazioni economiche mondiali che sono stati la vera origine della crisi.

Solo negli Stati Uniti e nel Giappone si affaccia l’idea peraltro ancora incerta di correzioni del modello di crescita.

Altrove non se ne vede traccia.

Si tratta di correzioni che dovrebbero essere il vero nuovo orizzonte delle politiche progressiste nel mondo sul quale avviare un confronto internazionale che ancora non si vede.

Per come si muovono le cose nella dimensione mondiale non possiamo pensare che gli altri risolvano i nostri problemi. Noi abbiamo alle spalle lunghi anni di minor crescita a causa di condizioni che, se non corretta, agiranno ancora facendoci uscire più lentamente di altri dalla crisi.

Tutto ci dice che nell’inerzia tornare per noi alle condizioni del 2007 sarà una strada lunga.

Bisogna che non sia troppo lunga.

Se permettiamo cioè che l’impatto della recessione sia troppo duro sull’apparato produttivo ne avremo danni difficili da rimediare.

Se lasciamo che la recessione indebolisca ancora la nostra già incerta attitudine ad un salto tecnologico del sistema produttivo ne avremo danni difficili da rimediare.

La sostanza è che rischiamo un ridimensionamento strutturale delle nostre attività e quindi difficoltà serie nel dare prospettive di lavoro alle nuove generazioni.

Per questo invochiamo una risposta nazionale ad uno sforzo che solleciti nel Paese il contributo anche di chi non sta vivendo la crisi, per fronteggiare con più determinazione i rischi che si affacciano.

Non ci si presenti per favore, con una finanziaria fatta di segnali irrilevanti.

Ci servono misure vere.

È ora di recuperare il tempo perduto e di affrontare una nuova agenda sia dal lato dell’emergenza, sia dal lato delle riforme.

Parliamo dunque di emergenza.

Molte piccole e medie imprese non hanno fiato sufficiente per una crisi lunga. Il loro fiato si chiama liquidità.
La liquidità è fatta di pagamenti, di pagamenti della Pubblica Amministrazione, di carico fiscale, di accesso al credito e di costo del credito.

Si devono scegliere dentro a questo mix soluzioni più concrete e forti di quelle viste fin qui. Non vado nei particolari. Siamo pronti a dire la nostra.

Anche la capitalizzazione delle imprese può servire a dar fiato purché non sia affidata a meccanismi barocchi ed estranei al senso comune della nostra imprenditoria.

Ancora sull’emergenza. Gli ammortizzatori. Non è vero che tutto funziona. C’è un problema di massimali, c’è un problema di prolungamento della cassa ordinaria, c’è un problema di erogazione della cassa in deroga, c’è una larga scopertura del precariato.

Molte famiglie di lavoratori sono in gravi difficoltà, alcune sono nel dramma.

E ancora: per rianimare i consumi bisogna cominciare a portare risorse ai reddito medio-bassi impoveriti (salari, stipendi, pensioni) e a chi è sotto la soglia di povertà.

Per stimolare minimamente l’economia ci vuole un grande piano di immediate piccole opere da affidare ai Comuni e un potenziamento degli interventi per il risparmio e l’efficienza energetica.

Tutto questo costa. Costa peraltro poco di più di quella sciagurata manovra di inizio legislatura che tra abolizione totale dell’Ici, cancellazione della tracciabilità nei pagamenti, straordinari e Alitalia ci fece sprecare più di dieci miliardi mentre la crisi era già lì. Sappiamo bene che per affrontare sia l’emergenza che le riforme bisogna garantire l’equilibrio dei conti.

Lo si può ottenere solo in tre modi:

Abbandonare i tagli lineari e mettere le mani nei meccanismi che generano la spesa pubblica a cominciare dai grandi comparti e dall’acquisto di beni e servizi imponendo a tutti i livelli, centrali, regionali e locali e a tutti i centri di spesa le migliori pratiche e riorganizzando su questa base la Pubblica Amministrazione;

Incrementando la fedeltà fiscale non solo con tecniche deterrenti ma con meccanismi che introducano in modo fisiologico una riduzione dell’evasione e del nero e spostando altresì il carico fiscale dal lavoro alla rendita, a cominciare da quella finanziaria;

Migliorare i tassi di crescita con riforme capaci di attivare le forze di mercato.

Sono operazioni a volte scomode, davanti alle quali è facile che tremi la mano.

Ma non si può pretendere che le rose del Governo siano senza spine.

Davanti ad un’assunzione di responsabilità esplicita, concreta e visibile da parte del Governo noi non ci sottrarremmo a qualcuna di quelle spine.

Ma se continuiamo a sentirci dire che il problema non c’è o che si può aggiustare con palliativi per noi diventa davvero difficile discutere.

Uno strumento formidabile per fronteggiare la crisi è il sistema delle autonomie, nel momento in cui più forte potrebbe essere il suo coinvolgimento sia sul versante degli investimenti, sia sul versante sociale - a partire dalla risposta alle nuove povertà e a questioni acute come quelle dell’immigrazione - noi assistiamo ad un tradimento vero e proprio dei Comuni che non sanno né come fare i bilanci né come muovere le risorse che hanno.

Propongo dunque come prima iniziativa di mobilitazione del Partito una assemblea di mille Amministratori del PD aperta ad Amministratori di ogni orientamento per denunciare il federalismo delle chiacchiere ed affermare quello dei fatti : non si pensi, a cominciare dalla Lega, di poter raccontare qualsiasi favola con noi che stiamo zitti!

Parliamo adesso di riforme: preparare l’alternativa vuol dire riprendere l’orizzonte di riforme economiche e sociali e proporre una nostra agenda.

Il record di dieci anni di governo di cui Berlusconi si vanta ci ha dato propaganda prossima a mille e riforme prossime a zero.

Come nell’emergenza, così nelle riforme, noi partiamo dal lavoro.

Il lavoro è il problema numero 1 del Paese, il lavoro deve essere il primo impegno del nostro Partito.

Lavoro e impresa. Quando dico lavoro intendo dire lavoro e impresa a cominciare dalla piccola e media impresa.

Chiarisco subito che noi avremo un nostro punto di vista e una nostra posizione autonoma in questo campo, così come su tutto l’arco delle riforme, come si conviene ad un grande Partito popolare che riconosce e difende l’autonomia delle forze sociali, sindacali e di impresa e sollecita un confronto con loro a partire però da una sua idea di società e senza essere a rimorchio di nessuno.

Al concreto noi mettiamo al centro una politica dei redditi contro l’impoverimento dei redditi da lavoro compresa l’esigenza di garantire soglie minime di reddito, di salario e di pensione; l’allestimento di un percorso largamente unificato e progressivamente garantito per l’ingresso al lavoro dei giovani; la necessità di uno sguardo di prospettiva sull’impianto del sistema pensionistico alla luce dei suoi effetti sulle nuove generazioni; una rivisitazione della legislazione sull’immigrazione e sulla cittadinanza.

Poniamo altresì il tema di una ripersa delle politiche industriali e di ricerca che per noi si riferiscono agli orizzonti indicati dal progetto Industria 2015 e un ri-orientamento di investimenti e consumi nella chiave dell’economia verde.

L’economia verde dovrà essere da qui in poi un motore della crescita, nel campo industriale, dell’edilizia, dei trasporti e delle energie rinnovabili.

Abbiamo proposte precise da discutere e chiediamo che non ci si distragga col tentativo illusorio di afferrare qui e ora in Italia un nucleare di terza generazione.

Vogliamo essere il Partito dell’ammodernamento del Welfare, capace di presidiare con una vera cultura di governo - che comprende anche per intenderci la sostenibilità finanziaria - quei beni che non intendiamo affidare al mercato e per i quali pretendiamo un approccio universalistico: salute, istruzione, sicurezza.

La nostra valutazione è questa. In questi sistemi assistiamo prevalentemente ad una riduzione e a un degrado dell’offerta, realizzati con violenti tagli lineari e con la predisposizione di battage ideologici, dal grembiule, alle ronde, ai fannulloni e con un approccio ai temi della Pubblica Amministrazione non in chiave di riorganizzazione ma in chiave di richiamo all’ordine.

I risultati li vediamo nell’impoverimento dell’organizzazione scolastica e formativa che si scarica su studenti, famiglie, insegnanti e nella condizione di disagio estremo in cui lavorano gli operatori della sicurezza.

Decreti e voti di fiducia in tutte queste materie non hanno portato soluzioni, hanno portato problemi.

Chiediamo che sia possibile finalmente una discussione nel merito, a cominciare ad esempio dalle nuove norme sull’Università, nelle quali riconosciamo alcune delle nostre indicazioni e che siamo quindi interessati a discutere, con il solo vincolo di una riconsiderazione dei tagli indiscriminati che si sono abbattuti su Università e Ricerca.

Il Partito che presidia e ammoderna le grandi tutele sociali e i meccanismi di inclusione e di integrazione è anche il Partito che combatte per l’apertura e la regolazione dei mercati, che si oppone a meccanismi monopolistici, corporativi e di posizione dominante e a meccanismi confusi che agganciano il pubblico agli interessi del privato così come avverrebbe con le norme che si affacciano sui servizi pubblici locali.

È il Partito, come ho detto più volte, che sta con chi bussa alla porta e non con chi la tiene chiusa e che pretende che il cittadino consumatore e utente sia rispettato, che considera l’equità del carico fiscale un obiettivo di civiltà e ritiene i condoni una vergogna e una iattura.

Un programma di apertura e civilizzazione del mercato ha davanti a sé in Italia un terreno vastissimo di iniziativa ed alcune priorità: quella che riguarda ad esempio la possibile riproduzione di posizioni dominanti nei diversi ambiti in cui si articola oggi l’informazione e la comunicazione.

È un Partito il nostro, che sospinge l’evoluzione dei diritti civili e che ha nei suoi cromosomi gli articoli 2 e 3 della Costituzione che non ammettono distinzione alcuna nei diritti inviolabili delle persone; un Partito che non accetta una posizione discriminata delle donne nell’economia, nella società, nelle Istituzioni.

A questo proposito una forza politica che compone un’Assemblea come questa e con questa presenza femminile non può accettare che l’Italia sia al quattordicesimo posto in Europa e al cinquantunesimo nel modo per rappresentanza delle donne nelle Assemblee elettive, per tacere della loro presenza (o assenza) nei Consigli di Amministrazione.

Io credo che qui, nei centri decisionali, ci sia il cuore della discriminazione che deve essere affrontata con interventi normativi su un sistema transitorio di quote che il Partito Democratico deve avanzare sollecitando un movimento di opinione.

Infine, ma non per ultimo, noi vogliamo essere il Partito dell’unità del Paese nel suo assetto autonomistico e federale e poniamo la questione drammatica e acuta del Mezzogiorno nella sua sintesi fra situazione economica e occupazionale, rinnovamento politico, civile, amministrativo e affermazione della legalità.

Non possiamo certo ridurre questo tema ad una discussione pro o contro la Banca del Sud.

Ospiteremo in un luogo aperto di Partito intellettuali, coscienze critiche e nuove energie per proporre un progetto nuovo di legalità e di crescita che attacchi la pletora dell’intermediazione polit.ca e amministrativa, che valorizzi le reciprocità fra nord e sud, che sia palestra vera per la formazione di nuove classi dirigenti.

Al di là di questi essenziali e doverosi cenni non voglio qui fare un discorso programmatico.

Voglio solo fissare un punto: non potremo costruire davvero una alternativa vincente senza suscitare la fiducia nella possibilità di una stagione di riforme e di avanzamenti civili e sociali. Né questa dimensione riformista può affermarsi, tanto meno nei luoghi più dinamici della nostra società, senza che il Paese si percepisca in una dimensione meno ripiegata e più vasta, e cioè innanzitutto nella dimensione europea.

Questo mi pare essere il più profondo lascito e la più sicura indicazione che vengono dall’esperienza dell’Ulivo e della leadership di Romano Prodi.

Essere in Europa: sia nel porci all’altezza delle migliori esperienze europee senza farcene sopravanzare come sta largamente avvenendo, sia nell’affermare il nostro Paese come soggetto trainante dell’integrazione; un ruolo questo che con i Governi della destra ci è totalmente sfuggito di mano e che dobbiamo assolutamente riprendere.

Il 1° dicembre entrerà in vigore il Trattato di Lisbona. Le cose cambiano. Siamo contenti e orgogliosi che si discuta, pur in un percorso incerto e complesso, della candidatura in un ruolo di altissima responsabilità di una personalità italiana e cioè di Massimo D’Alema.

È una novità importante il fatto che questa candidatura sia emersa non nella classica forma intergovernativa ma come indicazione politica delle forze progressiste europee e che questa proposta abbia avuto un aperto apprezzamento dalla quasi totalità delle forze politiche italiane.

Vogliamo affrontare le novità che vengono dal nuovo Trattato nel solco dell’indicazione del Presidente Giorgio Napolitano, che ha detto così: 'Se non ci si libera dalle pastoie dell’Europa intergovernativa non c’è futuro per l’integrazione e se l’integrazione ristagna o regredisce non c’è futuro per l’Europa, e quindi per noi stessi nel mondo'.

Credo non si possa dire meglio. Vogliamo quindi, al concreto, che il nostro Paese sia alla testa dei processi di cooperazione rafforzata che il nuovo Trattato consente.

Vogliamo che nei luoghi della responsabilità multilaterale, dal G 20 al Fondo Monetario Internazionale, i Paesi europei non vadano in ordine sparso.

Vogliamo che dopo l’Euro si coordino finalmente le politiche di bilancio e che nella crisi l’Europa parli ai cittadini con proprie iniziative di investimento, con l’univocità delle politiche di salvataggio di banche e imprese e delle politiche industriali, e con un impulso forte all’integrazione del mercato interno.

E vogliamo che l’Europa torni a darsi un orizzonte politico, quell’orizzonte che le destre europee hanno svilito e che le forze progressiste non riescono ancora ad interpretare.

Sono trascorsi venti anni dalle rivoluzioni del 1989 nell’Europa centrale ed orientale che posero fine al socialismo dispotico e segnarono un fondamentale spartiacque storico.

La fine del comunismo in Europa apparve come un evento epocale che concludeva definitivamente il ventesimo secolo con dieci anni di anticipo sulla cronologia.

Ci fu in quegli anni chi sostenne che alla guerra fredda stesse per succedere lo "scontro tra civiltà" che il destino del mondo fosse l’incomponibilità dei conflitti tra culture diverse o chi ritenne che si fosse giunti alla "fine della storia", interpretando la caduta del muro di Berlino come l’evento culminante della storia universale.

Si è venuto delineando in questi anni un mondo che non coincide con nessuna di quelle previsioni.

Un mondo che ha conosciuto mutamenti profondi, una straordinaria rivoluzione scientifico-tecnologica in particolare nel campo delle comunicazioni; un mondo in cui hanno fatto irruzione sulla scena paesi come l’India e la Cina; che ha conosciuto processi di democratizzazione, ma anche nuove fratture come quella intervenuta tra occidente e mondo islamico.

Un mondo che non ha ritrovato ancora un nuovo equilibrio.

Viviamo, a vent’anni dal crollo del muro, una stagione ricca di enormi potenzialità ma anche gravida di contraddizioni e di pericoli in un mondo attraversato da una rete sempre più fitta di legami di interdipendenza basati sugli scambi economici e sui mezzi di comunicazione ma segnato insieme da un deficit enorme di regolazione dei fatti globali e da guerre, terrorismo e violenza.

L’Europa deve nutrire l’ambizione di contribuire alla costruzione del nuovo ordine mondiale di cui si avverte l’urgente necessità.

Solo un'Europa unita può assolvere a un tale compito. Quale Paese europeo potrebbe davvero affrontarlo da solo?

L’America di Barack Obama offre all’Europa la possibilità di rafforzare le relazioni transatlantiche.

I due pilastri dell’Occidente possono collaborare in un quadro più aperto e multilaterale per promuovere meglio regole di governo del sistema economico e finanziario, per promuovere la sicurezza e la pace, per contrastare il riscaldamento del pianeta.

Alcune delle ferite aperte nel mondo ci coinvolgono più da vicino e più direttamente.

In particolare gli sviluppi della vicenda afghana appaiono estremamente preoccupanti.

Siamo persuasi che un fallimento degli sforzi della Comunità internazionale di stabilizzare l’Afghanistan avrebbe conseguenze molto gravi nell’intera regione.

Il Partito Democratico esprime un forte e convinto apprezzamento per i militari italiani che nel contesto di una missione promossa dalle Nazioni Unite operano in Afghanistan con dedizione e professionalità pagando anche un alto tributo in termini di vite umane.

Avvertiamo tuttavia l’esigenza di una riflessione sulla tormentata vicenda afghana.

Occorre dirsi la verità: senza conquistarsi il sostegno attivo della popolazione afghana agli obiettivi di pacificazione del Paese perseguiti dalla Comunità internazionale il rischio che la stabilizzazione non proceda è enorme.

La posta in gioco per l’occidente in quella regione è alta ma la si può vincere solo producendo miglioramenti nella condizione di vita dei cittadini afghani.

Ecco perché occorre realizzare la revisione strategica di cui parla da mesi il Presidente degli Stati Uniti.

È auspicabile inoltre un ruolo più attivo dell’Europa su tutte le questioni riguardanti il processo di pace in Medio Oriente che resta in uno stallo preoccupante e pericoloso. Un ruolo che verrebbe certamente visto molto favorevolmente nella regione e non solo dai Palestinesi.

Non aggiungo altro.

Il Partito Democratico ha sempre auspicato che sulle scelte di politica estera vi fosse convergenza tra le grandi forze che rappresentano il popolo italiano nel Parlamento della Repubblica.

Oggi avvertiamo la necessità di lavorare perché l’Italia sfugga ad un destino di marginalizzazione sulla scena internazionale.

Il rischio di un’Italia ininfluente l’abbiamo visto aleggiare in questi mesi.

Lo diciamo unicamente preoccupati del buon nome dell’Italia: ad esempio non fanno bene al nostro Paese posizioni oltranziste sull’immigrazione.

Il problema è enorme e siamo convinti che l’Unione Europea debba fare di più ma il nostro Paese non può sottrarsi al dovere di fornire asilo e protezione a chi ne ha diritto e necessità né riteniamo che l’Italia possa scegliere le posizioni più arretrate e miopi sul tema della cittadinanza.

In conclusione l partito democratico lavorerà, oggi dall’opposizione, domani dal governo perché l’Italia resti fedele all’ispirazione europeista, consolidi sulla base di un rapporto dignitoso e paritario l’alleanza con gli Stati Uniti, mantenga il profilo di una nazione aperta alle esigenze dei paesi più vulnerabili, si impegni perché avanzi un governo vero dei processi globali.

Dobbiamo costruire il Partito che abbiamo promesso ai cittadini che ci guardano, ai militanti che ci sostengono, ai milioni di persone che ci hanno sollecitati ad andare avanti e ad avere una fiducia sicura nel nostro grande progetto.

Teniamo dunque fermi i punti di fondo.

Nessuna nostalgia dive imprigionarci o trattenerci; dobbiamo sentire invece la responsabilità del nuovo da costruire.

Saremo un Partito che, nel bipolarismo, si rivolgerà a tutta l’area del centrosinistra, senza trattini o distinzioni di ruoli e senza pretese di esclusività e con la legittima ambizione di crescere e di farci più forti.

Una volta scelto il grande campo del centrosinistra, non facciamo torto alla nostra intelligenza descrivendo la nostra politica come una coperta da tirare un po’ più al centro o un po’ più a sinistra o inchiodandoci a schemi politici o a parole passate come fossero le figurine Panini di un campionato di quindici anni fa.

In una società complessa, in cui non puoi chiedere troppo alle antiche categorie politiche né tantomeno piegare la politica alla sociologia, quel che vale è il progetto, quel che vale è l’idea di Paese che si rivolge in particolare a quei ceti popolari dove la destra vince, quando vince.

Nella capacità attrattiva di un progetto ci sono tante cose che prese ad una ad una definiremmo di centro o di sinistra ma che nell’insieme dicono invece i valori fondamentali che hai, il Paese che vuoi e come intendi comporre gli interessi.

Al di fuori di questa ambizione non sei né più di centro né più di sinistra: sei semplicemente un Partito piccolo che si condanna ai suoi confini.

E non c’è contraddizione alcuna fra il nostro rifiuto a ritagliarci un angolo del campo e il riconoscimento che non siamo soli nel campo.

Noi portiamo a tutta l’area del centrosinistra una nostra offerta politica ed un nostro profilo che ho definito sociale, civico e liberale; un profilo che dica una parola nuova nel concerto delle forze progressiste europee tutte impegnate in una ricerca alla quale vogliamo contribuire con una nostra specificità e con lo stimolo ad andare oltre antichi orizzonti secondo una linea che abbiamo già cominciato concretamente e positivamente ad applicare nel Gruppo Parlamentare Europeo.

Non trasmetteremo alla nuova generazione dei Democratici il seguito di antiche storie ma piuttosto un’appartenenza moderna, univoca e sicura.

Per questa sintesi abbiamo a disposizione materiali straordinari antichi e nuovi: il popolarismo, la sinistra di governo e del lavoro, il cattolicesimo sociale democratico e liberale, le tradizioni civiche, la nuova sensibilità ambientale.

Abbiamo alle spalle il respiro di secolari movimenti di emancipazione, di radicate culture resistenziali e costituzionali e le vitalità di espressione della società civile che negli ultimi decenni ha accumulato protagonismi e una nuova politicità.

Il nostro problema vero è che nessuno rimanga fermo su quello che ha già saputo o che ha già vissuto e che ognuno faccia un passo e dia una disponibilità generosa al cambiamento.

Avremo un Partito plurale, non c’è dubbio. Ma non nel senso di attribuire ad ognuno una stanza della casa comune.

Ogni sensibilità che liberamente vorrà esprimersi dovrà comunque riconoscersi nelle fondamenta e nei muri portanti di questa casa comune.

Tutto questo non avverrà in astratto o in un giorno solo ma nel concreto delle battaglie, delle posizioni politiche e delle strutture reali con cui conformeremo il nostro Partito.

Popolare e del territorio, abbiamo detto; innanzitutto affermando con questo che noi selezioniamo dal territorio le nuove classi dirigenti, che consolidiamo la vita dei circoli portando lì le risorse necessarie, che ci proponiamo un radicamento nei luoghi di studio e di lavoro.

Qui c’è un problema. Nel nostro percorso abbiamo svolto più di 7.100 Congressi di circolo. Solo 70 di questi riguardano i luoghi di lavoro e solo 10 luoghi di studio.

Propongo quindi di lanciare una iniziativa che discuteremo con i Segretari regionali per fondare nei prossimi mesi 500 nuovi Circoli nei luoghi di studio e di lavoro.

Impegniamoci altresì da subito a costruire una struttura centrale che oggi non abbiamo a servizio delle attività del Partito nei diversi ambiti dell’iniziativa politica.

C’è ancora molto da fare per costruire il nostro Partito. In questi due anni si è determinata una costituzione materiale della nostra organizzazione che va corretta e migliorata.

Convocherò immediatamente la Direzione che oggi eleggeremo per discutere, prima ancora degli organigrammi, dello stato del Partito e di come concepire un suo rafforzamento strutturale.

Già oggi procederemo peraltro ai sensi dello Statuto oltre alla nomina della Direzione a quella del Presidente, del Vice Segretario e del Tesoriere.

Ribadisco qui quel che ho sempre detto nella nostra lunga campagna congressuale.

Penso ad un Partito nel quale c’è bisogno di tutti e nel quale tutti devono collaborare a promuovere una nuova classe dirigente.

Per questo intendo collocare nei luoghi esecutivi esponenti di una nuova generazione già sperimentata e creare attorno a loro la presenza attiva di personalità politiche che possano proteggere il cambiamento mettendo a frutto i vasti sistemi di relazione che possiamo mobilitare.

Tutto questo con uno sguardo plurale e mai fazioso nella attribuzione di ruoli e di responsabilità.

C’è un punto ulteriore che voglio già oggi indicare per la nostra discussione.

Se gli aspetti di confronto e di selezione competitiva in cui ci siamo ampiamente esercitati in questi anni (e che andranno preservati con qualche necessario aggiustamento) non verranno messi in equilibrio con meccanismi centripeti e coesivi propri di ogni associazione, noi rischieremo fenomeni di anarchismo e di feudalizzazione.

Penso che la Commissione già nominata dalla Convenzione per la rivisitazione dello Statuto dovrà occuparsi di questo; di come meglio bilanciare, ad esempio, l’ampia dialettica, l’assoluta libertà di espressione, il valore del pluralismo con l’esigenza di preservare l’autorevolezza e l’univocità delle posizioni del Partito.

Quando si parla di questo, il pensiero va subito ai temi etici di frontiera. Ma il problema non è questo.

Sto parlando invece di una fisiologia che riguarda diffusamente la vita del Partito e che più facilmente impatta nei diversi luoghi del Paese con questioni relative al tracciato di una strada o a un termovalorizzatore o a una nomina piuttosto che a problemi di frontiera.

Se siamo forza di governo, e lo siamo; se siamo il Partito di una democrazia partecipata ed efficiente, e lo siamo, dobbiamo essere all’altezza di noi stessi e risultare lineari e affidabili agli occhi dei cittadini che si aspettano risposte e posizioni chiare sui problemi della loro vita comune.

Esistono poi anche i temi di frontiera, che possono interpellare la coscienza in modo insuperabile.
Non sarà certo difficile trovare gli strumenti che riconoscano questo ambito, percepito peraltro nel senso comune.

In realtà sulle questioni etiche e antropologiche il punto principale sta nella dimensione culturale e politica e nella capacità nostra di mettere a frutto nella discussione, nel confronto e nell’impegno lo straordinario bagaglio culturale che ci ispira, fatto di umanesimi forti, laici e di ispirazione religiosa.

Umanesimi forti che non dobbiamo annacquare, che sono una forza enorme per noi e che dovranno aiutarci ad arrivare fino al punto in cui deve esercitarsi l’autonoma responsabilità della politica che ha un compito ineludibile: quello di rispondere con delle decisioni, per quanto transitorie e fallibili, alle esigenze del bene comune.

È al lavoro anche una Commissione nominata dalla Convenzione per perfezionare il Codice Etico del Partito Democratico.

Voglio qui sottolineare la centralità della questione. Per gli obiettivi che abbiamo, noi non possiamo fare a meno della dignità e del buon nome della politica e dell’amministrazione pubblica.

Quando questi si appannano, la destra ci lucra e noi paghiamo il prezzo.

Dobbiamo dunque porci il problema generale di un rafforzamento della tensione civica ed etica, a cominciare da noi stessi.
È una questione che non può essere semplificata parametrandola, come spesso si fa, sui provvedimenti giudiziari.

Quel parametro, che certo ha un grande rilievo, può tuttavia essere troppo o troppo poco; non ci libera dalle nostre responsabilità.

Un Partito non è una autorità morale ma deve sentirsi tuttavia in qualche modo garante di quella dignità nell’esercizio di funzioni pubbliche che la Costituzione richiede.

Una dignità che non può non comprendere comportamenti privati coerenti con la credibilità e il rispetto che un impegno pubblico pretende.

Dobbiamo chiederci come mai pur avendo indicato le migliori intenzioni nelle nostre carte fondamentali, in questi due anni non sia stato possibile sanzionare nei diversi luoghi del Paese comportamenti non coerenti con i principi che abbiamo enunciato.

Chiedo quindi che la Commissione Etica avanzi proposte non solo di principio ma tali da comprendere strumenti operativi efficaci per dissociare il Partito e il suo buon nome dalle deviazioni di singoli.

Ho detto all’inizio: costruire il Partito, promuovere l’alternativa. Noi siamo il Partito dell’alternativa; preferisco dire così perché l’idea di alternativa contiene sicuramente il concetto di opposizione ma non sempre il concetto di opposizione contiene quello di alternativa.

Vediamo bene sia la forza che oggi Berlusconi esprime, sia d’altra parte, l’impossibilità di disegnare un orizzonte credibile per il Paese e per la sua stessa maggioranza politica.

Dal lato nostro non ci sfuggono certo l’articolazione e la disomogeneità delle forze di opposizione.

Ma le cose non si muoveranno se non ci muoveremo noi. Quello che conta adesso, soprattutto, è il nostro posizionamento.

Noi ci rivolgiamo con apertura ampia e generosa a tutte le forze di opposizione, riconoscendone la specificità e lavoreremo perché si accorcino le distanze fra noi.

Chiediamo agli altri di fare altrettanto; chiediamo che nessuno si sottragga alla responsabilità di offrire agli italiani una alternativa.

È un percorso non breve e certamente non sarà senza inciampi e contraddizioni.

Ma tutti adesso sanno che possono discutere con noi in un clima costruttivo e di reciproco rispetto.

Questo vale per le forze che sono in Parlamento (L’Italia dei Valori, l’Unione di Centro, i Radicali) sia con forze che non sono in Parlamento (Sinistra e Libertà, Verdi, formazioni civiche, formazioni di origine socialista e repubblicana).

Sui temi della democrazia abbiamo aperto un canale di comunicazione e di confronto anche con formazioni con cui non abbiamo prospettive di alleanza come Rifondazione Comunista.

Con questo sguardo ampio e ben consapevoli di tutte le necessarie articolazioni opereremo per avvicinare le posizioni sui temi istituzionali ed elettorali e su quelli economici e sociali.

Con questo stesso sguardo ampio opereremo in vista delle elezioni regionali ed amministrative; con l’obiettivo cioè nel rispetto della dimensione federale, di allestire coalizioni democratiche e di progresso che possano scegliere e promuovere le candidature migliori, anche avvalendosi dei percorsi di partecipazione.

Care Democratiche, cari Democratici, cari Amici, cari Compagni,

ho concluso.

Lo dicevo all’inizio e spero di essere stato compreso.

Mi sono rivolto a voi come ci si rivolge ad un largo gruppo dirigente e in modo consapevole sia della rilevanza e della difficoltà del nostro impegno sia della grande forza che possiamo esprimere.

Tutti noi, assieme, metteremo fiducia nel progetto, tenacia e solidità nel perseguirlo; e soprattutto davanti alla sfida nuova sapremo rinverdire gli ideali che ci hanno portati alla politica ricavando da lì energia e generosità.
Perché in fondo la sostanza sta proprio qui.

Un Partito giovane ci chiede di essere giovani nel cuore.

una bella giornata, una festa di democrazia

Si Democratici oggi e' un giorno importante per il PD finalmente si conclude un ciclo congressuale vero, sentito e partecipato. L'Assemblea Nazionale come previsto dallo statuto, ha proclamato PIERLUIGI BERSANI SEGRATARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO .
Finalmente una nuova era per il PD parte oggi dalla Fiera di Roma e mi fa ' molto piacere che l'agenda del nuovo segretario preveda al primo posto il LAVORO. Si, cosi Bersani ha aperto oggi l'Assemblea esponendo la sua idea di partito, di opposizione e di nuove alleanze per ritornare ad essere maggioranza in questo paese.
Sia Franceschini sia Marino hanno dato pieno sostegno al Segretario partecipando sia alla selezione della nuova classe dirigente che condividendo la politica popolare del nuovo PD .
L'Assembla ha eletto Vice segretario Enrico Letta.
Rosy Bindi e' il nuovo Presidente del Partito Democratico ed avra' come vice presidente Martina Sereni ed Ivan Scalfarotto.
Un bellissimo esempio di pluralismo, spero che Dario Franceschini accettera' di fare il Capo Gruppo alla Camera dei Deputati per il gruppo PD, cosi credo si possa completare un quadro di nuova classe dirigente preparata ad affrontare il lungo cammino che ci aspetta.
Si, sono contento questo e' il PD che avevo pensato potesse realizzarsi: popolare, di centrosinistra, plurale e condiviso.

Buon Lavoro Segretario, Buon Lavoro Presidente

Marcello Accordino

venerdì 6 novembre 2009

assemblea nazionale



DOMANI 7 NOVEMBRE 2009 ALLA FIERA DI ROMA
ASSEMBLEA NAZIONALE DEL PARTITO DEMOCRATICO

100% dei seggi elettorali


Bersani Franceschini Marino schede bianche e nulle
regione seggi assoluto % % % assoluto % assoluto %
ABRUZZO 278 30.140 50,23% 22.145 36,91% 7.720 12,87% 696 1,10%
BASILICATA 188 35.828 56,30% 22.664 35,62% 5.141 8,08% 2.543 3,80%
ALTO ADIGE 20 3.000 52,57% 1.687 29,56% 1.020 17,87% 79 1,40%
CALABRIA 365 69.903 72,70% 21.963 22,84% 4.291 4,46% 1.547 1,60%
CAMPANIA 840 176.519 60,52% 95.148 32,62% 19.989 6,85% 9.205 3,10%
EMILIA-ROMAGNA 1.040 206.909 53,44% 133.656 34,52% 46.582 12,03% 4.814 1,20%
FRIULI VENEZIA GIULIA 205 23.346 45,42% 20.078 39,06% 7.979 15,52% 843 1,60%
LAZIO 655 119.204 45,45% 97.093 37,02% 46.000 17,54% 3.333 1,30%
LIGURIA 314 44.813 51,36% 28.345 32,49% 14.097 16,16% 979 1,10%
LOMBARDIA 1.025 137.878 53,13% 78.216 30,14% 43.405 16,73% 2.989 1,10%
MARCHE 386 43.085 50,74% 30.089 35,44% 11.731 13,82% 885 1,00%
MOLISE 93 9.788 70,31% 4.134 29,69% 0 0,00% 1.011 6,80%
PIEMONTE 535 83.628 53,61% 45.480 29,16% 26.871 17,23% 2.398 1,50%
PUGLIA 262 47.832 55,92% 30.609 35,79% 7.093 8,29% 1.873 2,10%
SARDEGNA 451 41.837 58,27% 20.475 28,52% 9.482 13,21% 1.521 2,10%
SICILIA 391 70.223 46,73% 64.090 42,65% 15.965 10,62% 2.820 1,80%
TOSCANA 1.053 131.842 46,71% 112.367 39,81% 38.043 13,48% 3.131 1,10%
TRENTINO 74 11.003 55,04% 6.283 31,43% 2.704 13,53% 701 3,40%
UMBRIA 105 11.240 51,74% 7.818 35,99% 2.667 12,28% 304 1,40%
VALLE D'AOSTA 36 1.140 48,99% 796 34,21% 391 16,80% 18 0,80%
VENETO 655 90.523 52,92% 56.547 33,06% 23.984 14,02% 1.730 1,00%
ESTERO

5.637
45,3%
4.870
39,14%
1.936
15,56%
0
0%
TOTALI 8.971 1.395.318 52,95% 904.553 34,28% 337.091 12,77% 43.420 1,60%